La Guerra del Vespro siciliano
La trattazione, prendendo le mosse dalle vicende del Regno dopo la morte di Federico II, si allarga poi a particolareggiare la "mala signoria" angioina, il crescere veemente del sentimento siciliano contro l'oppressore, l'esplosione della rivolta popolare, la fondazione della "Communitas Siciliae" e il suo mutarsi poi in quella nuova monarchia che per quasi vent'anni sostenne una guerra vittoriosa contro Roma e Angiò, in un intreccio di rapporti di potenza che ebbe riflessi profondi sul sistema politico della cristianità. Novità più grossa e appariscente, la negazione della congiura di Giovanni da Procida, ridotta al rango di tardiva leggenda, come veniva dimostrato col silenzio delle fonti coeve e la tendenziosità delle posteriori, con il margine non piccolo di tempo trascorso tra la rivolta palermitana e l'intervento effettivo di Pietro d'Aragona, col carattere popolare e non aristocratico del regime seguito inimediatamente all'insurrezione. Nel fondo agiva qui una nuova idea del popolo e dell'iniziativa rivoluzionaria a carattere popolare, che si rifaceva da un lato alle esperienze della grande Rivoluzione, con la quale il "popolo" aveva fatto storicamente il suo ingresso sulla scena politica; e dall'altro al nuovo concetto e sentimento romantico della nazione e del popolo, quasi personificato nella sua coscienza e volontà, con la quale lo storico si sente legato da una comunanza spirituale profonda: ed è soprattutto in questo accoglimento delle fondamentali esperienze culturali e politiche che stanno alla base della storia ottocentesca che l'A. si mostra autentico figlio del suo tempo, e non tardo erede della cultura del secolo precedente, come più volte si è ripetuto.
[da Dizionario Biografico degli Italiani]