Estetica
Pubblicando l’Estetica, nel 1902, Croce si rivelò, all’improvviso, creatore di una possente architettura di pensiero, che proprio sull’estetica poggiava e si sarebbe poi articolata in una «filosofia dello spirito». Con un procedimento che gli era congeniale e corrispondeva perfettamente ai suoi presupposti, Croce propose in questo libro una trattazione che si componeva «di una parte teorica e di una parte storica, ossia di due libri indipendenti, ma che si aiutano a vicenda». Nella parte teorica, fin dalle prime righe Croce muove verso l’enunciazione della sua tesi fondamentale: l’arte è intuizione, mentre a sua volta «intuire è esprimere; e nient’altro (niente di più, ma niente di meno) che esprimere». Sulla base di questo presupposto, la trattazione procede poi con perentoria consequenzialità. E così vediamo cadere davanti ai nostri occhi, come quinte di cartone, una quantità di nozioni acquisite sull’arte, nel corso dei secoli, che non reggono a questa nuova sfida speculativa. Nella parte storica, infine, che per lui, come sempre, è indispensabile sostegno di ogni proposizione teoretica, Croce ci mostra come, attraverso le varie teorie e polemiche sul bello, da Baumgarten a Kant, da Vico a Hegel, nella cultura moderna, nonché nelle antiche dispute, da Aristotele a Plotino, si facesse luce più volte, per essere poi altrettanto spesso sommersa, una concezione del bello e della poesia che sottraesse quest’ultima a ogni eteronomia e a ogni funzionalità retorica. Questa era appunto la concezione di Croce, che qui si dispiega con grandiosa eloquenza e vis polemica – e rimane fondamentale anche oggi, per chiunque torni a porsi, in ogni ambito, il problema estetico.