A pogány magyarok hitvilága
Tra i maggiori studiosi dello sciamanismo, Diószegi Vilmos (1923-1972), le cui spedizioni etnografiche nelle più remote regioni dell’Asia nord-orientale hanno dato un contributo fondamentale allo studio dei popoli siberiani, ha nondimeno dedicato alcune importanti trattazioni alle sopravvivenze della religione precristiana degli antichi magiari, conservate nel folklore e nelle credenze popolari ungheresi.
In questo A pogány magyarok hitvilága (1967), minuziosa disamina comparatistica della visione del mondo dei magiari pagani, Diószegi mette in evidenza gli elementi di continuità tra le figure di veggente, necromante e sapiente (táltos, garabonciás diák e tudós) che popolano il folklore ungherese e quelle degli sciamani ben noti alle tradizioni dei popoli uralici e altaici.
Attingendo a un corposo spettro di materiale comparativo, costituito prevalentemente da fiabe, racconti e canti popolari registrati dalla viva voce del popolo, Diószegi ricostrusce la visione del mondo degli antichi magiari. Ne svela l'impianto cosmologico a partire dai dati forniti dai viaggi degli eroi fiabeschi, o degli stessi táltosok, nel mondo superiore (felső világ) e inferiore (alsó világ), effettuati scalando l'albero cosmico (világfa). Ma in particolare, la figura del táltos, la sua nascita con un numero superiore di denti, l'iniziazione attraverso il "sonno duraturo" e lo smembramento, la scalata dell'albero che tocca il cielo e l'ottenimento del tamburo-cavalcatura, il suo copricapo fornito di corna o piume, lo svolgimento della sua attività in stato di "nascondimento", nonché la sua anima duplice e il suo canto misterioso, trovano un puntuale corrispettivo nella tradizione sciamanica dei popoli dell'Eurasia settentrionale. Queste figure costituiscono pertanto sopravvivenze della cultura magiara precristiana al tempo del loro arrivo nel bacino dei Carpazi, alla fine del IX secolo.
Quest'opera costituisce un caposaldo scientifico nella disamina degli operatori del magico nella tradizione ungherese, tanto da poterla considerare tuttora insuperata in quanto alla mole di materiale etnografico e alla ponderata cura nel tracciare paralleli con lo sciamanismo, di cui Diószegi fu uno dei maggiori conoscitori.