Il corpo della lingua

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I giganti - Morgante e Gargantua, Fracasso e Pantagruel - fanno la loro comparsa nella letteratura europea tra la fine del Quattrocento e la metà del Cinquecento. Ma la dismisura del loro corpo va di pari passo a un'altra e non meno imponente licenza: quella della loro lingua. L'idioma di Pantagruel è immenso quanto il suo corpo e altrettanto esorbitante è la lingua maccheronica del poema di Folengo. Se la furia neologistica di Rabelais non sembra aver freno (una delle parole che escogita consta di cinquantasette lettere) e stravolge da cima a fondo il lessico francese, Folengo fa molto di piú: inventa non delle parole, ma una lingua, il maccheronico (cosí detto da «un certo gnocco impastato di farina, cacio e burro, grosso, rozzo e rusticano»), che trasgredisce senza riserve la ferma distinzione dantesca fra il volgare e il latino, latinizzando il volgare e volgarizzando il latino. Per entrambi la lingua non è piú, secondo una dottrina stantia anche se tuttora dominante, il segno di un concetto della mente: è prima di tutto un corpo, che si vede, si sente, si tocca, un corpo come quello dei giganti, con una sua sconcia fisiologia e un'ancora piú sguaiata anatomia: un corpo in fuga non si sa verso dove, ma certo fuori da ogni identità grammaticale e da ogni lessico definito.

Autore
Giorgio Agamben
Disciplina
Anno di pubblicazione
2024
Traduzioni
Tradotto in:
Persian
Da:
Ana Pol Press (2025)
Con il titolo:
Editori associati (tassonomia)