Storia dell'Architettura moderna
Per la vastità del materiale illustrativo, i due libri di Zevi potrebbero intitolarsi «enciclopedia dell'architettura moderna», e sarebbe, tra le enciclopedie, la piú comprensiva ed attuale. Anche perché include l'intera operosità urbanistica, dai grandiosi lavori ottocenteschi di Parigi, Vienna, Madrid alle «New Towns» britanniche e scandinave, e ai progetti della città del 2000.
Per venticinque anni la Storia dell'architettura moderna di Bruno Zevi è stata ristampata senza fondamentali varianti; benché s'interrompesse con il 1950, questo trattato risultava insostituibile per architetti, cultori d'arte e studenti, in Italia e all'estero. L'attuale edizione contiene gli aggiornamenti riguardanti i quarant'anni successivi, nonché una radicale revisione filologica e critica delle vicende che, prendendo le mosse dagli «architetti della rivoluzione» francese, sfociano nelle grandi figure di Wright, Le Corbusier, Gropius, Mies van der Rohe, Mendelsohn, Aalto.
Nel primo volume della Storia dell'architettura moderna sono documentate le origini del movimento moderno (dalla rivoluzione francese in poi), la prima età pionieristica con le Arts and Crafts di Morris e l'Art Nouveau di Horta, van der Velde, Olbrich, Gaudí e Loos, il periodo razionalista segnato da Le Corbusier, Gropius e il Bauhaus, Mies van der Rohe, e dall'espressionismo di Mendelsohn, finalmente la stagione organica di cui è protagonista Aalto.
Nel secondo volume la vicenda si amplia con l'itinerario organico americano, entro il quale splende il genio di Frank Lloyd Wright, e con i complessi apporti linguistici degli ultimi 45 anni, fermentati da Scharoun, Pietilä, Utzon, Gehry. L'architettura moderna diventa sempre piú differenziata, senza perdere la sua identità.
La spinta creativa è verso quello che Einstein chiama «lo spazio senza scatola, l'evento localizzato non solo nel tempo, ma nello spazio». Questo è il sogno e l'impegno liberatorio dai dogmi del classicismo, dalle ipoteche di una visione statica, prospettica, tridimensionale ereditata dal Rinascimento. Spazio come strumento di emancipazione individuale e comunitaria, che rispecchia e contesta la società per stimolarne il rinnovamento.