The Fantastic laboratory of Dr. Weigl
How Two Brave Scientists Battled Typhus and Sabotaged the Nazis
In questa storia straordinaria tutto inizia coi pidocchi. Per noi, oggi, questi animali sono solo insetti fastidiosi, per quanto rivoltanti, ma per l’umanità intera, fino a poco tempo fa, «pidocchio» significava «tifo», e tifo significava morte certa, soprattutto per la gente povera ammassata nei quartieri più luridi delle città e per i soldati nelle trincee. Gli eserciti europei erano alla disperata ricerca di un vaccino, dal momento che il tifo aveva decimato le truppe di tutte le nazioni durante la Prima guerra mondiale e si voleva impedire un’altra disastrosa epidemia in vista di un nuovo conflitto. Che, come sappiamo, giunse puntuale nel 1939.
Il laboratorio più avanzato sul tifo era quello di Rudolf Weigl, un brillante ed eccentrico professore polacco di Leopoli (oggi Lviv, in Ucraina). Il suo vaccino aveva ottenuto grandi consensi negli anni venti, e quando i nazisti occuparono la città si interessarono immediatamente a quel laboratorio miracoloso, pressati com’erano da nuove epidemie di tifo tra le truppe del fronte orientale. Il laboratorio di Leopoli divenne così un luogo privilegiato, in parte risparmiato dagli orrori dell’occupazione tedesca della Polonia, e Weigl decise di approfittarne, ospitando intellettuali e oppositori del regime, e riuscendo a far pervenire di nascosto il suo vaccino ai ghetti ebraici, rifilando nel frattempo alla Wehrmacht una versione indebolita e inefficace del siero.
Tra gli assistenti di Weigl vi era Ludwik Fleck, un immunologo già piuttosto noto per le sue tesi sulle dinamiche della scoperta scientifica (che nel dopoguerra influenzeranno enormemente Thomas Kuhn e la sua filosofia della scienza). In quanto ebreo, Fleck non poté essere salvato da Weigl e fu inviato nel ghetto di Leopoli e poi a Buchenwald. Nel campo di sterminio, tuttavia, venne adocchiato da Erwin Ding, un medico nazista tra i più sadici e privi di scrupoli, che intravide in lui un’opportunità per la propria carriera. Fu così che, in condizioni inumane, Fleck fu obbligato a lavorare a un nuovo vaccino antitifico, che grazie a un’inventiva scientifica eccezionale riuscì infine a produrre. Ma – una volta ancora – riuscì anche a far giungere il liquido ai prigionieri del campo, rischiando quotidianamente la vita, rifilando di nuovo a Ding e alle SS un liquido inerte. Non lo scoprirono mai.